Attacco alla 194 di Caione Donatella
A due anni dall'approvazione della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Quali le conseguenze.
A due anni dall'approvazione della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita e a quasi un anno dal fallimento dei referendum attraverso i quali il comitato promotore sperava di poter modificare almeno gli aspetti più violenti e repressivi, ci sono state molte conseguenze.
Le più dure sono quelle che sono cadute sulle spalle delle coppie infertili , che hanno visto sempre più ridotte le loro speranze di avere un bambino e che, in moltissimi casi, con il loro carico di dolore, di rabbia, di senso di estraneità ad un Paese che non riconosce il loro problema, devono recarsi all'estero per provare a concepire il loro bambino affrontando grandi difficoltà dal punto di vista emotivo, logistico, culturale, linguistico, economico.
Nel frattempo, mentre queste coppie cercavano, nella disperazione e nella rabbia, di capire come affrontare, oltre che l'infertilità, anche i problemi posti dal loro Parlamento, quel movimento che aveva contrastato i referendum diventava sempre più forte nel nostro Paese. In campagna referendaria pronosticavamo che se avessimo perso i referendum la legge 194 non sarebbe arrivata a Natale; abbiamo sbagliato di poco, ci ha salvato il fatto che la legislatura fosse agli sgoccioli, ma soprattutto che l'attacco alla legge194 ha costretto le donne a uscire dal silenzio finalmente , anche se purtroppo non è riuscito il tentativo di noi referendarie di farlo finire prima questo silenzio… chissà, se ci fossimo riusciti forse ora non saremmo qui a subire questi violenti attacchi al pensiero laico, allo Stato laico soprattutto! Ma forse era necessario, per sviluppare gli anticorpi bisogna a volte ammalarsi…
Però, se è vero che tante donne sono uscite dal silenzio e sono ora pronte a prendere coscienza di una serie di problemi, tutt'altro che risolti, che non si limitano alle leggi 40 e 194 ma che riguardano in maniera più globale il ruolo delle donne, anche in quanto madri (asili nido, difficoltà sul lavoro connesse alla maternità ecc.), nella società, è anche vero che c'è una linea di pensiero femminile , di cui non possiamo non tener conto. Anzi, pensiero femminista dovremmo dire, poiché così si presentano queste donne! Donne che non vogliono difendere l'embrione, ma pare vogliano difendere le donne da loro stesse! Un esempio tra gli altri, le autrici del libro: Madri Selvagge.
Contro la tecnorapina del corpo femminile, di Alessandra Di Pietro e Paola Tavella, Einaudi, che vedono la pma (procreazione medicalmente assistita) non come un crescere della scienza della medicina e un adeguarsi a nuove problematiche, come le tante malattie nuove che oggi combattiamo, ma come un'aggressione del maschio scienziato al corpo femminile, come una incapacità della donna di sentirsi completa anche senza avere figli e un desiderare di essere un mero contenitore.
Scompaiono il libero arbitrio, il diritto di scegliere, la libertà di decidere se ci si sente donne più complete scegliendo in un dato momento della vita la libertà di un aborto o di mettere al mondo un figlio.
È vero, non è necessario avere un figlio per sentirsi donne, ma questo è vero se sta bene alla donna . Se la donna il desiderio di maternità lo prova, forte, se ritiene che la farà sentire più completa, è giusto che faccia ciò che può per provare ad averlo. Non perché è giusto così per tutte, ma perché è giusto per lei…
Il desiderio di un figlio è qualcosa di assolutamente naturale e fisiologico, è quella cosa che fa andare avanti la specie essere umano. Non è un condizionamento sociale o educativo ma biologico è quanto dice una mamma della pma, biologa oltretutto, non un corpo e mente totalmente consegnati alla tecnomedicina, ma una donna che sa credere insieme nella scienza e nel proprio cuore e che ha deciso di lottare perché altre donne possano continuare a poter scegliere, una mamma serena e orgogliosa di poter raccontare domani ai loro figli che, con il suo papà, ha lottato perché nascessero.
Eravamo preparate a dover affrontare il bigottismo cattolico, la chiusura mentale di coloro che ancora una volta vogliono decidere su e del corpo delle donne, l'ignoranza di chi confonde una clonazione con una banale fivet, ma non eravamo preparate a dover combattere contro le femministe. E delle due questa battaglia è forse la più dura, perché combattere con le proprie madri fa male, lascia l'amaro in bocca.
Il quotidiano Avvenire chiede un intervento del ministro Turco per aggiornare la legge
Nell'articolo si parla di una "vera e propria deriva eugenetica" nell'applicazione della norma
Aborto, i vescovi attaccano la 194
"Ha trent'anni, ha bisogno di revisione"
<B>Aborto, i vescovi attaccano la 194<br>"Ha trent'anni, ha bisogno di revisione"</B>
ROMA – "La 194 ha ormai trent'anni, e li dimostra. Forse le servirebbe un tagliando". Lo afferma il quotidiano dei vescovi italiani "Avvenire" in un'editoriale a firma di Eugenia Roccella, già militante femminista e poi portavoce del Family Day. La giornalista, rileva una vera e propria "deriva eugenetica" nell'applicazione della legge ed invoca l'intervento del ministro Livia Turco.
Sotto accusa soprattutto le nuove possibilità della medicina, che "compromettono" la corretta applicazione della legge. "Che i bambini affetti da trisomia 21, cioè da sindrome di Down, vengano ormai sistematicamente eliminati prima di nascere, l'abbiamo già denunciato più di una volta su queste pagine" – scrive la portavoce del Family day – sottolineando che "le nuove tecniche mediche, e le scelte che implicano, tendono a svuotare di senso la legge, approfittando delle incertezze interpretative".
In particolare, spiega l'articolo, "la diffusione e lo sviluppo delle diagnosi prenatali hanno scardinato gli articoli 6 e 7 della norma, fatti in origine per circoscrivere il ricorso all'aborto terapeutico, ed escluderlo quando il bambino ha possibilitá di sopravvivenza autonoma (quindi a partire dalla 22esima settimana)".
Critiche anche alla mancata applicazione degli interventi di prevenzione previsti dalla 194: "In tutti questi anni le donne che avevano bisogno di aiuto per diventare madri si sono trovate vicine solo i volontari dei Centri di aiuto alla vita".
Ecco perchè la giornalista chiede l'intervento del ministro Turco: "Il ministero – scrive la Roccella – potrebbe fornire indirizzi e regole, stilando delle linee guida, senza toccare la legge. Per mettere qualche paletto basta un atto amministrativo, senza modificare la legge, e probabilmente il ministro potrebbe contare su un'ampia area trasversale di consenso. C'è stato un tavolo dei volonterosi sui temi economici. Perché – conclude – non provare a farne uno sui temi della vita umana?".
Il ministro della Sanità Livia Turco aveva già fatto sapere che sono in arrivo nuove linee guida per "aggiornare" alcuni aspetti della legge 194, che regola l'interruzione di gravidanza.
(29 agosto 2007)
LEGGE 194, LA CHIESA CI SPERA 05/09/07
La Chiesa italiana comincia a crederci davvero. Cambiare la legge sull’aborto, la 194 ritenuta ormai desueta, è possibile. L’accerchiamento culturale, le prese di posizione, i casi di cronaca, le sensibilità politiche, tutto fa “ben sperare”
Mimmo De Cillis
Mercoledi' 5 Settembre 2007
La Chiesa italiana comincia a crederci davvero. Cambiare la legge sull’aborto, la 194 ritenuta ormai desueta, è possibile. L’accerchiamento culturale, le prese di posizione, i casi di cronaca, le sensibilità politiche, tutto fa “ben sperare”: tutto cioè, a ben guardare, procede in una direzione, quella gradita a Ruini e soci. Ed è ancora il caso di dire “Ruini e soci”, anche se don Camillo non è più il capo dei vescovi italiani. Il suo sostituto, l’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, non ha il suo piglio, la sua presenza scenica, la sua testardaggine, la sua autorevolezza (costruita in oltre vent’anni di governo incontrastato), la sua capacità di attrarre i mass-media ad ogni battito di ciglia. Ed è pur sempre, don Camillo, il vicario del papa per la diocesi di Roma, dunque conserva un ruolo significativo nella chiesa italica, finchè l’età e la voglia glielo permetteranno.
Ieri Ruini è intervenuto con chiarezza sulla legge 194 durante la Summer School organizzata dalla fondazione MagnaCarta, interpellato dal parlamentare forzista Gaetano Quagliariello: “Una interpretazione che aggiorni e migliori la legge 194 ai progressi medico scientifici, e non peggiori la legge, sarebbe non solo lecita ma doverosa”, dato che il provvedimento risente oggi dell’anzianità e denota gli acciacchi dei suoi ormai 30 anni. Sollecitato a esprimersi sull’opportunità di “riscrivere i principi legislativi guida”, a proposito dell’aborto, Ruini ha ammesso: “Non posso che essere d'accordo. Quella legge c'è, per un credente sarebbe meglio che non ci fosse, però c'è, e non c'è la condizione culturale per abrogarla. Occorre un grande impegno per far capire che merita di essere vissuta non solo una vita completamente sana”, stigmatizzando le derive eugenetiche che hanno occupato recenti casi di cronaca, sui quali hanno tuonato illustri esponenti vaticani come il card. Tarcisio Bertone. Proprio il segretario di stato vaticano – uomo che ha fatto della sovraesposizione mediatica la sua ragion d’essere negli ultimi tempi, trovando una modalità per esprimere il suo ego smisurato (bacchettato nella curia romana) – è stato un altro dei protagonisti assoluti nel dibattito sull’aborto che ha occupato le settimane estive in Italia e nel mondo. A occupare le pagine della stampa internazionale è stata la querelle fra il Vaticano e Amnesty International, tacciata di “alto tradimento ai diritti umani” per aver ammesso la possibilità di aborto per una donna che ha subito uno stupro. Guidata da un “Bertone lancia in resta”, la chiesa cattolica a livello planetario non ha esitato a lanciare una campagna di boicottaggio verso l’organizzazione fondata da Peter Benenson (un cattolico, sic!), bollata come fautrice di una “svolta abortista”. E i recenti casi di cronaca di Firenze e Milano – nei quali un tentativo di aborto selettivo è sfociato tragicamente nell’uccisione di feti sani – non hanno fatto altro che gettare benzina sul fuoco, offrendo alla gerarchia cattolica ulteriore materia per lanciare anatemi. Con il supporto della stampa: l’Osservatore Romano ha scritto con insolita veemenza “Non avete il diritto”, condannando “l'eugenetica che impone le sue leggi, la cultura della perfezione che impone di escludere tutto ciò che non appare bello, splendente, positivo, accattivante”; gli interventi di Eugenia Roccella su Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, hanno ribadito la necessità di “fare un tagliando” alla 194; anche Famiglia Cristiana, il settimanale dei padri paolini, nell’ultimo numero afferma, con Beppe del Colle, uno dei suoi editorialisti di punta: “E’ ormai tempo di rivedere la legge sull’aborto. Nelle polemiche laiciste non si ricorda mai che l’aborto resta la violenta eliminazione di un essere umano vivente; e che la cultura abortista ha fatto molti passi in direzione di una selezione eugenetica”.
Le polemiche a livello internazionale, insomma, hanno dato la stura a un coro di voci che invoca una revisione della 194, trascinando però dietro di sé una folla di nuovi abolizionisti, i teo-con nostrani che intravedono la ghiotta opportunità per abrogarla del tutto. Non che non esistano cattolici adulti, consapevoli che le leggi di uno stato laico non sempre possono rispettare valori e principi cari alle religioni. Ma uno strisciante integralismo si fa strada nel gregge dei fedeli. E a Ruini non sembra dispiacere.
L'articolo è apparso oggi su il manifesto
Ruini: nuovo attacco alla legge 194
10:32 mer 05 settembre 2007
E' di poche ore fa la notizia che il Cardinal Ruini, durante un intervento presso la "Summer School" organizzata dalla fondazione MagnaCarta, ha sottolineato la necessità di "una interpretazione che aggiorni e migliori la legge 194 ai progressi medico scientifici". L'interpretazione dell'apparentemente neutra dichiarazione di Ruini non è difficile: gli attacchi che la Chiesa ha portato alla legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza ormai non si contano più ed a partire dal referendum sulla fecondazione assistita del giugno 2005, fallito per mancanza di quorum ma in pratica vinto dallo schieramento cattolico, si sono via via intensificati.
L'argomento di Ruini muove dal fatto che la legge, risalendo a 30 anni fa, è ormai datata e trarrebbe solo benefici da una revisione che tenga conto "delle grandi trasformazioni del processo medico scientifico. Un'interpretazione che l'aggiorni a questi progressi, che la migliori e non la peggiori è non solo lecita, ma anche doverosa". Il ministro Turco non fa attendere la sua replica, tenendo ferma la sua posizione più volte ribadita in base alla quale "la legge 194 non si tocca perchè è ancora attuale e ha ridotto gli aborti. E' una legge che non si dimostra vecchia ma lungimirante, perchè fa leva su due principi etici fondamentali, la responsabilità della donna e la responsabilità del medico. Ma è importante che venga applicata in tutte le sue parti"
In questo senso una revisione della legge è già allo studio tramite la definizione di nuove linee guida tecnico-scientifiche, che lungi dal modificare gli articoli dovranno costituire un riferimento per l'applicazione quotidiana della legge all'interno degli ospedali. Uno degli obiettivi delle nuove linee guida sarà migliorare e potenziare il ruolo svolto dai consultori, attualmente scarsi e privi di mezzi. Va comunque sottolineato che in base alla legge 194 l'interruzione volontaria di gravidanza, in assenza di gravi motivi che possano pregiudicare la salute della madre o di severe malformazioni del feto, non è più possibile a partire dalla 12 settimana di gestazione.
Ma il nucleo della questione in realtà non è riconducibile a mere questioni medico-scientifiche, dato che ciò che si contrappone sono due visioni del mondo completamente diverse: da una parte la difesa della vita di per se stessa (la vita inizia a partire dal concepimento ed è un valore in sè, a prescindere dalla sua qualità) dall'altra una posizione più sfumata, di difesa della vita ma non a qualsiasi condizione (fa testo il recente caso di Piergiorgio Welby, che di nuovo ha diviso i due schieramenti). Per questo le due posizioni sono in realtà irriducibili e la polemica sui temi da esse derivanti non sarà mai sopita.
Serve un tagliando alla 194
Posted by nanto on Giovedì, 30 agosto 2007 alle ore 02:08
Bioetica
Eugenia Roccella
Che i bambini affetti da trisomia 21, cioè da sindrome di Down, vengano ormai sistematicamente eliminati prima di nascere, l'abbiamo denunciato più d'una volta su queste pagine. E più d'una volta abbiamo lamentato come la legge 194 sull'interruzione di gravidanza sia ormai diventata un colabrodo, un testo che in alcune sue parti non è mai stato attuato, in altre è male applicato, e in altre ancora è tranquillamente violato.
L'intervento di aborto selettivo con cui, all'ospedale San Paolo di Milano, è stata uccisa per errore la gemella sana anziché quella malata, non è che la spia di pratiche che si diffondono fino a modificare la nostra sensibilità, la percezione che abbiamo degli avvenimenti. Chi si ricorda del piccolo Tommaso, nato nel marzo scorso dopo un aborto alla 22° settimana praticato al Careggi di Firenze? Il caso divenne pubblico solo perché il bimbo, a cui era stata diagnosticata una malformazione che non c'era, era rimasto vivo per alcuni giorni: pochi, ma abbastanza per suscitare commozione e scandalo. Se Tommaso non fosse sopravvissuto, non se ne sarebbe parlato affatto; e altrettanto sarebbe accaduto se la bimba eliminata al San Paolo fosse stata effettivamente la piccola Down.
Ogni volta che un episodio del genere viene alla luce, si riapre la polemica tra chi è a favore di una legge sull'aborto e chi no, e il dibattito etico si arroventa. Dopo alcuni giorni, però, tutto torna come prima, e una pesante coltre di silenzio e indifferenza copre la terribile marcia che stiamo compiendo verso la selezione genetica, travestita da libera scelta dei genitori. In questo modo stiamo approdando a risultati di pulizia etnica che nemmeno la peggiore violenza razzista dei governi totalitari è mai riuscita ad ottenere. Si scrivono articoli politicamente corretti sull'accoglienza nei confronti dei Down, si girano film emozionanti con protagonisti diversamente abili, ma poi si chiudono gli occhi di fronte alla realtà di una pratica di selezione genetic a diventata ormai ordinaria routine.
Sembra che non si possa fare niente, che si tratti di una deriva inarrestabile, consentita dalla legge. Non è così. La 194 non considera lecita la selezione genetica, così come – se fosse stata applicata – non avrebbe permesso che Tommaso venisse abortito.
Su Avvenire del 23 maggio scorso noi l'abbiamo fatta, la nostra "modesta proposta per prevenire", chiedendo al ministro Turco una risposta, un segnale. La 194 ha ormai trent'anni, e li dimostra; forse le servirebbe un tagliando. Le nuove tecniche mediche, e le scelte che implicano, tendono a svuotarla di senso, approfittando delle incertezze interpretative. Il Ministero potrebbe fornire indirizzi e regole, stilando delle linee guida, senza toccare la legge. Quella parte della 194 che riguarda la prevenzione non è mai stata messa in pratica, e in tutti questi anni le donne che avevano bisogno di aiuto per diventare madri si sono trovate vicine solo i volontari dei Centri di aiuto alla vita.
La diffusione e lo sviluppo delle diagnosi prenatali hanno scardinato gli articoli 6 e 7 della legge, fatti in origine per circoscrivere il ricorso all'aborto terapeutico, ed escluderlo quando il bambino ha possibilità di sopravvivenza autonoma (quindi a partire dalla 22° settimana).
Per mettere qualche paletto basta dunque un atto amministrativo, senza modificare la legge, e probabilmente il ministro potrebbe contare su un'ampia area trasversale di consenso. C'è stato un tavolo dei volonterosi sui temi economici. Perché non provare a farne uno sui temi della vita umana?
© Copyright Avvenire, 29 agosto 2007
Al lavoro due commissioni scientifiche. Il ministro: ma la legge non si tocca, sarà solo un aggiornamento
Aborto terapeutico, pronti i nuovi limiti
La Turco: entro fine anno linee guida per stabilire i tempi dell'intervento
Gianna Fregonara
ROMA — Potrebbero arrivare presto dal ministero della Salute, già entro la fine dell'anno, alcune novità che riguardano la legge 194. Non modifiche della legge sull'interruzione della gravidanza, che la ministra Livia Turco continua a difendere in quanto «molto saggia». Si tratta di alcune interpretazioni, di linee guida esplicative che «aggiornano» alcuni aspetti di una legge ormai vecchia di trent'anni. «Non mi dispiacerebbe caratterizzare il mio ministero con un atto di indirizzo che attualizzi questa legge, che resta la migliore possibile: saranno linee guida nello spirito della legge», spiega la Turco.
Sarà il lavoro di due commissioni tecnico-scientifiche presiedute dalla ministra e insediate da qualche mese per approfondire temi di bioetica e di genetica a fornire le conclusioni che potranno avere effetti sulla legge per l'interruzione della gravidanza. «A chiederle sono gli stessi ospedali e i medici e saranno indicazioni condivise a livello scientifico dall'intera comunità », spiega la Turco. Due le «innovazioni » possibili: una riguarda il limite temporale oltre il quale non si può intervenire con l'aborto perché il feto ha più possibilità di sopravvivere che no, l'altra dà invece indicazioni sui limiti all'uso della diagnostica genetica.
A rendere necessari questi limiti sono soprattutto i progressi fatti in neonatologia e infatti a fornire i dati e le soluzioni alla Turco saranno due commissioni che non si occupano direttamente della 194. La prima, che dovrebbe consegnare le proprie conclusioni a brevissimo, sta studiando temi legati alla neonatologia e all'accanimento terapeutico (un gruppo di lavoro istituito al ministero dopo il caso dell'aborto all'ospedale Carreggi di Firenze in cui il feto riuscì a sopravvivere una settimana), l'altra, appena insediata e guidata dalla genetista Elisa Calzolari, dovrà fornire indicazioni sull'uso della diagnostica nelle malattie genetiche, uno dei punti tornati alla ribalta proprio con gli ultimi casi di aborto terapeutico. «Troppo spesso si assumono gli esisti degli esami medici come verdetti inappellabili. Si creano false certezze », spiega la Turco, ma ci sono casi di falsi positivi e di errori.
Si tratterà di indicazioni tecniche, di limiti che non avranno un vero e proprio valore giuridico, ma aiuteranno gli addetti ai lavori, medici e biologi nel lavoro che viene fatto prima dell'aborto, un contributo a una maggiore precisione nell'informazione e nell'uso delle tecniche mediche reso possibile dai progressi tecnologici e diagnostici.
Per quanto riguarda i limiti temporali per l'aborto, la presa di posizione del ministero sana nei fatti una situazione incerta che molti ospedali hanno già risolto autonomamente con alcune indicazioni, perché la legge 194 non prevede termini esatti per l'aborto terapeutico e lo esclude solo se i medici pensano che il feto abbia possibilità di vita autonoma. Ci sono state polemiche feroci dopo il caso di Carreggi e dopo che al Gaslini di Genova i medici hanno rifiutato un aborto alla ventiduesima settimana. Anche molti scienziati e medici, a cominciare dal professor Umberto Veronesi, hanno indicato nelle 22 settimane di gestazione il limite dell'aborto terapeutico. Un limite che ospedali importanti, come la clinica Mangiagalli di Milano, hanno già fatto proprio.
Corriere della sera, 29 agosto 2007
Il quotidiano Avvenire chiede un intervento del ministro Turco per aggiornare la legge
Nell'articolo si parla di una "vera e propria deriva eugenetica" nell'applicazione della norma
Aborto, i vescovi attaccano la 194
"Ha trent'anni, ha bisogno di revisione"
<B>Aborto, i vescovi attaccano la 194<br>"Ha trent'anni, ha bisogno di revisione"</B>
ROMA – "La 194 ha ormai trent'anni, e li dimostra. Forse le servirebbe un tagliando". Lo afferma il quotidiano dei vescovi italiani "Avvenire" in un'editoriale a firma di Eugenia Roccella, già militante femminista e poi portavoce del Family Day. La giornalista, rileva una vera e propria "deriva eugenetica" nell'applicazione della legge ed invoca l'intervento del ministro Livia Turco.
Sotto accusa soprattutto le nuove possibilità della medicina, che "compromettono" la corretta applicazione della legge. "Che i bambini affetti da trisomia 21, cioè da sindrome di Down, vengano ormai sistematicamente eliminati prima di nascere, l'abbiamo già denunciato più di una volta su queste pagine" – scrive la portavoce del Family day – sottolineando che "le nuove tecniche mediche, e le scelte che implicano, tendono a svuotare di senso la legge, approfittando delle incertezze interpretative".
In particolare, spiega l'articolo, "la diffusione e lo sviluppo delle diagnosi prenatali hanno scardinato gli articoli 6 e 7 della norma, fatti in origine per circoscrivere il ricorso all'aborto terapeutico, ed escluderlo quando il bambino ha possibilitá di sopravvivenza autonoma (quindi a partire dalla 22esima settimana)".
Critiche anche alla mancata applicazione degli interventi di prevenzione previsti dalla 194: "In tutti questi anni le donne che avevano bisogno di aiuto per diventare madri si sono trovate vicine solo i volontari dei Centri di aiuto alla vita".
Ecco perchè la giornalista chiede l'intervento del ministro Turco: "Il ministero – scrive la Roccella – potrebbe fornire indirizzi e regole, stilando delle linee guida, senza toccare la legge. Per mettere qualche paletto basta un atto amministrativo, senza modificare la legge, e probabilmente il ministro potrebbe contare su un'ampia area trasversale di consenso. C'è stato un tavolo dei volonterosi sui temi economici. Perché – conclude – non provare a farne uno sui temi della vita umana?".
Il ministro della Sanità Livia Turco aveva già fatto sapere che sono in arrivo nuove linee guida per "aggiornare" alcuni aspetti della legge 194, che regola l'interruzione di gravidanza.
(29 agosto 2007)