Un interessante articolo di Giulia Garofalo dell'International Committee on the Rights of Sex Workers, ricercatrice in economia politica, sorella e compagna di strada di NextGENDERation, pubblicato sulla rivista online di studi culturali "Trickster".
http://www.trickster.lettere.unipd.it/index.html
http://www.trickster.lettere.unipd.it/numero/rubriche/ricerca/garofalo_traffico/garofalo_traffico.html
Un altro spazio per una critica femminista al ‘traffico’ in Europa
Giulia Garofalo
Introduzione: esclusioni e inclusioni
Nel Novembre 2006, l’International Union of Sex Workers (IUSW) organizza una manifestazione di ombrelli rossiii per denunciare la Biblioteca delle Donne di Londra. La Women’s Library, rende pubblico l’IUSW, ha inaugurato una mostra e un’intera serie di eventi sulla prostituzione e il ‘traffico’ con la completa esclusione delle critiche prodotte dalle organizzazioni di sex workers negli ultimi trent’anni (IUSW (2006))iii.
Questo episodio ha un’importanza tutta inglese legata al fatto che l’IUSW è affiliato ufficialmente dal 2002 al sindacato generale GMB, il terzo sindacato inglese, e che la Women’s Library gode di una fama progressista. Tuttavia, questo caso londinese può essere considerato rappresentativo del crescente clima di contestazione del dibattito pubblico sul ‘traffico’ in Europa, accusato di produrre la specifica esclusione di analisi provenienti dai movimenti per i diritti delle-dei sex workers.
Se prendiamo con serietà la questione delle esclusioni nel dibattito, noteremo che anche ai clienti (e alle clienti) dell’industria del sesso è negata una voce pubblica, o più precisamente, un certo tipo di voce pubblica. La distinzione che conta in questo contesto è fra coloro a cui viene data voce per fornire una ‘testimonianza’, e coloro a cui viene invece data voce per fornire un’’analisi’. In effetti, nei media, nei dibattiti politici, nella ricerca, e spesso nella letteratura, coloro che sono coinvolte-i nella vendita e nell’acquisto del sesso appaiono come molto desiderabili per le loro testimonianze, ma sono normalmente escluse-i dai momenti di attiva costruzione di conoscenza e verità.
La domanda che si pone allora è: chi sono i soggetti che viceversa godono dell’autorità di fornire le proprie analisi sul ‘traffico’?
Dopo sei anni di coinvolgimento come ricercatrice e come attivista nella politica sul lavoro sessuale e il ‘traffico’ in Italia, in Olanda e in Gran Bretagna, il mio ‘senso del campo’ è che in questo dibattito si ottiene automaticamente molto più credito analitico in quanto donna.
Essere uomo sembra avere un impatto negativo sulla legittimità di analizzare il lavoro sessuale e il ‘traffico’, a meno che uno non parli con una donna, o a meno che uno non sia un prete. Essere un uomo gay non migliora affatto la situazione. Essere trans ancor meno.
Come donna invece, una ottiene più credibilità analitica se ha più di circa 40 anni, se una non fa mostra della propria femminilità, e, soprattutto in contesti meno lesbofobi dell’Italia, se una è conosciuta come lesbica.
Certo queste sono solo osservazioni preliminari, che richiederebbero un’indagine seria, ma se il mio ‘senso del gioco’ (Bourdieu (1985)) è abbastanza corretto, è plausibile dire che una persona, per esempio tu o io, godiamo di legittimità analitica in questo campo se gli altri, a torto o a ragione, credono che non siamo coinvolti nella compra-vendita di sesso.
Se questo è vero, significa anche che io stessa e una buona parte di chi mi legge, ovvero le donne che fanno lavori intellettuali, godiamo di un grande privilegio analitico come donne non sospettate di essere lavoratrici del sesso. Con ciò voglio sottolineare che lo sforzo che occorre fare è quello di sviluppare una posizione sul ‘traffico’ che sia responsabile non solo nei confronti delle realtà del lavoro sessuale, della migrazione e del lavoro in generale, ma anche nei confronti della particolare posizione che occupiamo nello spazio sociale e che ci conferisce una specifica autorità. Una posizione responsabile in questo senso è una posizione situata (Haraway (1991)), più che una posizione dunque un ‘posizionamento’ in ciò che è quasi un campo di battaglia nell’Europa contemporanea. È una posizione, mostrerò nel seguito, che riconosca la differenza, la comunanza, ma anche i conflitti potenziali fra donne sex workers e donne non-sex workers.
Spero di mostrare come un approccio materialista femminista possa aiutarci in questa direzione.
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