Donne non si nasce, si diventa. La nostra leonessa Ornella

(Liberazione 9 maggio 2008)

Angela Azzaro
A un certo punto, nel bel mezzo di un discorso, la fronte si arricciava, gli occhi si stringevano. Ti guardava con fare sorpreso, un po’ triste un po’ scandalizzato. «Dai, Ornie, non fare così», dicevamo. Lei si difendeva. «Ma che cosa ho fatto?!». Ma ormai il messaggio era partito. Era come un segnale che Ornella, la nostra Ornella, ci dava per dire che stavamo sparando minchiate. Insomma, che noi «donne biologiche» così ci chiamava durante le tante discussioni con il gruppo femminista a/matrix, stavamo parlando troppo difficile o in maniera eccessivamente ideologica o molto distante dal suo percorso. Spesso aveva ragione, a volte no. Ma raramente lei diceva minchiate. Parlava e scriveva forbito, con dotte citazioni in latino che ci stendevano «Ornieeee, bastaaa», ma con un’argomentazione chiara. Netta. Lei, le cose che diceva non solo le aveva elaborate, capite fino in fondo. Ma le viveva e sceglieva ogni giorno. Ha fatto così quando ha scelto la transizione e da uomo è diventata donna, ha fatto così quando ha scelto di prostituirsi. Ornella ha fatto così fino alla fine.

 

 

Cocciuta, come davvero se ne sono viste poche. Cocciuta anche nell’affermare cose scomode, come quando se la prendeva con la concorrenza delle donne dell’est che si prostituiscono. «Sei razzista» e giù con fior fior di ragionamenti. Lei non batteva ciglio, spiegava le sue ragioni, ma non credo che l’abbiamo mai convinta. E’ facile essere politicamente corrette quando le cose non ci toccano da vicino. In strada, a lavorare, c’era lei. Il suo corpo, il suo desiderio, la sua rabbia. La strada, la scorsa estate, aveva deciso di lasciarla. Una decisione meditata. Voleva cambiare vita. Ma a darle la botta finale l’aggressione di un pappone, che la voleva cacciare dal posto dove lei lavorava. La ha minacciata con un coltello. E Ornella non ce l’ha fatta più. La leonessa ha ceduto.


Maria Ornella Serpa ci ha lasciate una settimana fa esatta. In un venerdì di maggio come tanti, ma un po’ più silenzioso del solito per una città come Roma, a causa del ponte del primo maggio. E’ morta in ospedale al pronto soccorso e ancora non sappiamo perché. Il dolore di chi l’ha conosciuta e amata non basta per spiegare l’attenzione che le dedichiamo. Ornella non ha scritto libri (anche se voleva farlo), non ha ammansito folle, non ha capeggiato partiti, non era una leader. Ornella era una grande rivoluzionaria. Una che la rivoluzione l’ha vissuta direttamente. Senza dichiarazioni d’intenti. L’ha vissuta coi fatti. Ma la sua rivoluzione non muore con lei. Ci lascia un’eredità bellissima, un futuro che forse neanche vedremo, ma che lei ci ha fatto intuire.
Impossibile nominare tutte le briciole che ha disseminato lungo il cammino e che a noi spetterà seguire, indagare, forse anche realizzare. Ma ci sono alcuni aspetti che premono di più, che chiedono ascolto. Subito. A partire dalla morte. Una morte che è difficile non considerare politica. Rivoluzionaria anche questa?
Ornella, trans, prostituta orgogliosa e incazzata, aveva scelto di essere donna. Di più. Aveva scelto di essere una donna speciale. Una femminista. Combattiva, come quando il 24 novembre, giorno della manifestazione contro la violenza maschile sulle donne, con le altre compagne dell’assemblea romana aveva cacciato le ministre dal palco. Il volto orgoglioso, lo sguardo malinconico di chi troppe volte ha dovuto subire il potere. Il 24 novembre no. Si era ripresa la parola, il protagonismo. Quella sera Ornella era felicissima, l’ultima volta che l’abbiamo vista così.
Ma non dipendeva solo da quell’azione collettiva finale. Tutta la manifestazione aveva cantato e urlato. Era quello il luogo che aveva prediletto. Militante per i diritti delle prostitute nell’ultimo periodo aveva scelto il gruppo femminista a/matrix come casa politica e umana. Quante chiacchierate, quante risate. Ma anche quanti scontri e contraddizioni. «Voi biologiche», dava il là a una dialettica noi/voi, io/l’altra che metteva paura. Lo specchio si rompeva e dovevano confrontarci con il cuore del potere patriarcale: la creazione di un femminile e di un maschile naturalizzati, biologizzati a cui ci ribellavamo e ci ribelliamo. Ornella, provocandoci, ci portava a vedere meglio quella contraddizione, ad articolarla ulteriormente misurando lo scarto tra ideali e vite vissute, tra utopie e desideri sedimentati.

Gli ultimi sei mesi di vita, lasciano senza parole. Ornella, la leonessa, è andata con orgoglio e testardaggine incontro alla morte. Forse stava molto male, ma non lo ha detto. Ha chiesto aiuto, ma come faceva lei, a testa alta, senza mediazioni, per rifarsi una vita. Voleva vicinanza, non consigli. Quelli li rispediva al mittente, come aveva sempre fatto, sbagliando bellamente da sola.
Oggi che non c’è più resta la domanda se la nostra comunità è in grado di prendersi cura delle sue sorelle nel momento che, per scelta o per sfortuna, restano sole ad affrontare con orgoglio un’esistenza diversa. E’ una domanda ineludibile, una domanda politica. Esiste la possibilità di autodeterminarsi e di vivere liberamente la propria vita o la propria morte fuori da un sistema familista o dal pronto soccorso cattolico? La risposta che viene dalla storia di Ornella è che al momento è molto difficile. Tragicamente impossibile. Ma c’è anche un’altra risposta che Ornella avrebbe dato. Con il gruppo a/amatrix stava lavorando a una proposta di reddito garantito. Si chiama reddito per l’autodeterminazione. Un modo per garantire a tutte e tutti la possibilità di scelta a partire dalle condizioni materiali. Un modo cioè di rompere il sistema familista che impregna destra e sinistra: o hai una famiglia che ti sostiene oppure crepa. O hai figli, moglie o marito, oppure chi si ne sbatte di te. Ornella non aveva marito, «gli uomini mi fanno schifo» ci diceva per provocarci e per raccontarsi, aveva deciso di camminare da sola. Ne aveva tutto il diritto. Questo diritto le è stato negato. Ornella non tornerà più. Ma continuare il suo percorso, la sua lotta è il minimo che si possa fare.

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