Incontro a Napoli con le compagne di Lotta Femminista sul tema: Salario per il lavoro domestico. Invervento del Movimento Femminista Romano. (Maggio ’73)

Dare un salario alle casalinghe significa trasformare una massa di individui schiavizzati, che lavorano senza paga e senza orario, in una massa di lavoratrici pagate. Ma in che cosa consisterà esattamente questo salario? Giustamente le compagne di Lotta Femminista paragonano la richiesta di salario alle casalinghe alla richiesta di Assistenza Pubblica il cosiddetto Welfare dei paesi anglosassoni e infatti non si tratterebbe che di una concessione, una elargizione da parte dello stato perchè le casalinghe dato il carattere privato del lavoro domestico e le implicazioni affettive ad esso connesse non possiedono nessun potere contrattuale.

 Con quali strumenti infatti potranno ottenere un aumento del loro salario? Lasceranno figli e marito, vecchi, malati, ecc. per scendere in piazza oppure incroceranno le braccia e non puliranno la casa sapendo che poi dovranno sgobbare il doppio per recuperare il tempo perduto! E infine chi pagherà il costo sociale di questo salario se non le donne stesse attraverso un aumento dei prezzi e una decurtazione dei salari dei lavoratori? Tuttavia anche una piccola concessione di reddito potrebbe sembrare una conquista per le donne che, da sempre, hanno svolto un lavoro non retribuito e non riconosciuto e che sono costrette alla totale dipendenza dal marito o dal padre. Ma a nostro giudizio la richiesta di salario alle casalinghe contiene in sé elementi non solo riformisti ma anche pericolosi perché:
1) inchioda la donna al suo ruolo tradizionale
2) conferma l’appartenenza e il carattere privato della sua funzione nella società anche se le riconosce un valore simbolico economico
3) si pone in antitesi alla richiesta di servizi sociali e di coinvolgimento dell’uomo negli stessi
4) definisce in termini di lavoro un’attività che non può essere ritenuta tale perché non conosce né limiti di orario né modi precisi di svolgimento
5) si presenta come un ostacolo all’inserimento della donna nel mondo della produzione attiva perché favorirà i licenziamenti e le auto-esclusioni
6) riconosce l’organizzazione scientifica del lavoro basata sulla divisione dei compiti (manuale – intellettuale), (padrone-servo), e quella specifica basata sulla differenza di sesso che come dice Engels, è la matrice di tutte le altre.
In definitiva si tratta di una lotta pericolosa. A questo punto vogliamo ricordare che la sezione femminile del partito franchista, in Spagna, sta attualmente cercando di introdurre un salario per il lavoro domestico come politica nazionale. Questa richiesta è basata sul principio che esso rinforzerà la famiglia e di conseguenza lo Stato. Bisogna ricordare che Franco e il suo partito sono talmente coscienti del ruolo fondamentale delle donne nella famiglia come bastioni del regime attuale che hanno fatto una legge apposita che proibisce di scrivere o dire qualsiasi cosa contro la famiglia. La nostra schiavitù dura da migliaia di anni ed è comprensibile l’impazienza di trovare obiettivi tattici immediati su cui mobilitare larghi strati di donne ma anche a questo fine per una presa di coscienza politica del nostro sfruttamento e della nostra oppressione la richiesta di un salario si rivela limitante perché non mette in discussione l’attuale rapporto di potere dell’uomo sulla donna e tutta la base ideologica su cui tale potere si fonda ma ne fa semplicemente una questione di discriminazione economica e di lavoro non pagato. Allora ci domandiamo: qual’è il significato concreto di una lotta per il salario? Se si tratta di una mobilitazione fine a sé stessa dobbiamo tenere presente che non sarebbe una lotta veramente autonoma in quanto avrebbe gli uomini come intermediari perché sono quelli direttamente a contatto con la produzione di valori di scambio, sostenitori possibili di questa lotta in quanto non mette in discussione il loro ruolo di beneficiari di tutta una serie di privilegi ad esso connessi. Noi riteniamo fondamentale per la liberazione delle donne e di tutta la società la lotta contro l’ideologia patriarcale e borghese della famiglia affinché esse comincino a rifiutare il matrimonio e la conquista di una piena autonomia. Una massiccia richiesta di posti di lavoro per tutte le donne che oggi rispondono al ruolo di casalinghe va contro il sistema che non può rinunciare al lavoro gratuito della casa. Il diritto di auto-gestione del nostro corpo, la collettivizzazione a carico delle stato di tutti i servizi sociali (mense, lavanderie di quartiere ecc.) oggi forniti gratuitamente dalle casalinghe, l’educazione collettiva dell’infanzia, parità di lavoro senza discriminazione di sesso questi sono i nostri obiettivi, ma per raggiungerli è necessaria una presa di coscienza delle donne sulla loro condizione oggettiva. Oggi non possiamo prefigurarci né i tempi né il modo in cui questa presa di coscienza diventerà collettiva ma la lotta delle donne è appena cominciata e il fatto che si vada estendendo in tutto il mondo dimostra che essa corrisponde ad esigenze talmente reali da fare esplodere tutte le contraddizioni di una società borghese, patriarcale, maschile.
 
(1) Il problema del salario, negli anni successivi, ha suscitato, all’interno del collettivo dibattiti e polemiche. Molte donne si sono pronunciate a favore di una richiesta di salario, vista come una tappa necessaria nello sviluppo del discorso femminista, altre donne sono rimaste ferme nelle posizioni espresse in questo documento. La tendenza generale è, attualmente, di considerare la richiesta di salario non come un’obbiettivo ma come uno dei momenti di lotta delle donne privilegiato da alcuni gruppi.

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