Veline di tutto il mondo unitevi!

Per la serie, ve l’avevamo detto e perseverare diabolicum est, a/matrix aveva partecipato all’assemblea della sinistra radicale indetta da Il Manifesto il 15 gennaio 2005 con questo testo e questo sticker…

 
Se ti astieni non ti voto!

In un paese diverso anche alle veline verrebbe in mente di scioperare, interrompendo simbolicamente la catena di montaggio della società dello spettacolo. La velina è il significante nazionalpopolare del mordi e fuggi, dell’usa e getta, del produci, consuma e muori, ma solo fino al prossimo reality show…
In questo senso, siamo tutte e tutti veline, decoratrici del nulla.

La destra come la sinistra istituzionale sono responsabili del ristagno culturale e sociale di questo paese, mantenuto attraverso il sistematico soffocamento dell’innovazione culturale, della sperimentazione di nuove forme della politica e della partecipazione, lasciandosi sedurre dalla conformità soggettiva ed esistenziale tipica della società mercantile. Riproporre le politiche moderate che il centrosinistra al governo ha perseguito per un’intera legislatura significherebbe dunque perseverare nell’omicidio di ogni processo di cambiamento.
È tempo di lasciare i cosiddetti moderati a chi se li merita svoltando a sinistra verso una trasformazione radicale.

Vediamo la destra vincere nelle periferie metropolitane, un tempo "rosse", proprio perché è capace di esprimere posizioni "radicali", disgraziatamente declinate in senso violento ed oppressivo, come lo scontro di civiltà, la crociata cattolica contro gli infedeli, la vita della donna subordinata alla vita del concepito, l’esaltazione della libertà del più forte e del più furbo sugli altri e sull’unico ambiente in cui possiamo vivere. Posizioni che rappresentano la risposta più semplicistica e becera ai fenomeni di deterritorializzazione che attraversano il pianeta.
Chi invece crede nella complessità come valore aggiunto delle società contemporanee, deve farsi carico di trovare risposte che consentano a tutte e tutti di immaginare, desiderare e praticare una radicalità opposta e non mimetica.
Una sinistra che voglia minimamente dirsi radicale, non può dunque astenersi dall’impegno su alcune questioni fondanti:
difendere la laicità delle istituzioni, in particolare sostenendo l’abrogazione della legge sulla fecondazione assistita e restituendo ai consultori la loro funzione originaria, così come era stata delineata dal movimento delle donne;
praticare un modello economico e sociale in cui sia centrale la persona come titolare di diritti, non solo abrogando la legge Biagi e la legge Bossi-Fini sull’immigrazione, ma anche opponendosi al ddl Bossi-Fini-Prestigiacomo sulla prostituzione che ci farebbe scivolare indietro nella storia più nera del nostro paese e al ddl Fini sulle droghe, che punisce i consumatori lasciando ingrassare i profitti delle mafie;
porre al centro delle politiche sociali la divisione sessuale del lavoro e il rapporto tra i generi, combattendo ogni forma di non riconoscimento o di sfruttamento del lavoro di cura e domestico;
promuovere l’investimento pubblico sulla ricerca scientifica affinché sia indipendente dal mercato ed i suoi risultati siano liberi ed accessibili, in primo luogo sostenendo i diritti dei lavoratori immateriali e combattendone la precarietà che costituisce la principale forma di ricatto da parte del controllo politico e delle corporation;
contrastare un modello di sviluppo che privatizza beni comuni come l’acqua e le risorse energetiche, che saranno sempre più motivo delle guerre prossime venture;
ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali anche nella consapevolezza che la guerra, ideologica e militare, è combattuta sul corpo delle donne;
assicurare un controllo sociale sulle risorse pubbliche tassando i capitali finanziari, rispettando la progressività delle imposte ed eliminando l’evasione fiscale;
considerare i migranti come ricchezza non solo economica ma anche in una prospettiva storica e culturale, come titolari dei nostri stessi diritti all’interno di un processo che allarghi e ridia senso ai diritti di cittadinanza, partendo dal rispetto della libertà personale e di circolazione delle persone, chiudendo i cpt, per arrivare al diritto di voto;
spezzare quei nodi di potere, materiali e simbolici, che escludono il ricambio delle intelligenze per realizzare una reale partecipazione di tutte e tutti ai processi decisionali, alla vita economica, sociale culturale e politica del paese e dell’europa, aprendo il dibattito alle voci che troppo spesso vengono ridotte ad una frettolosa rappresentazione di soggetti che si dice essere importanti ma che poi non si ascoltano mai, come le donne, i precari ed i migranti.
Perché parlare di complessità, anziché di classi, non significa che non esistono più gli sfruttati e gli sfruttatori. Non rendiamoci complici e animiamo sin da oggi una società diversa.

A/matrix – Veline in assemblea permanente

[pubblicato su Il Manifesto, gennaio 2005]

 

 

 

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