Restaurazione 2.0 – giugno 2005


Nel 1966 Michel Foucault chiudeva "Le parole e le cose" annunciando profeticamente la fine prossima dell’uomo. E’ proprio nel vuoto lasciato dalla morte dell’uomo che abbiamo potuto immaginare e descrivere nuovi modelli di soggettività, è proprio in quel vuoto che le lotte dei neri, delle donne, degli omosessuali hanno trovato un spazio di agibilità discorsiva e sono potute emergere la gender theory o i postcolonial studies. Oggi che l’euforia postmoderna si è esaurita, che abbiamo smaltito la sbronza del libero gioco di scambi identitari ed abbiamo sperimentato che non è poi così divertente essere soggetti nomadi, abbiamo una consapevolezza più matura della molteplicità del soggetto. Per questo speravamo di poter andare avanti e poter guardare altrove.

E invece no, siamo qui a dover fronteggiare l’ultima release della Restaurazione.
Uno degli aspetti più inquietanti di questa Restaurazione è che le narrative tecnoscientifiche e quelle religiose sulla vita paiono dispiegarsi sul medesimo piano discorsivo.
Ce lo spiega molto bene Elena Del Grosso nell’introduzione al recentissimo libro "Non si gioca con la vita" di Eleonora Cirant: "la legge 40 si appoggia e si appella a quella parte della comunità scientifica che, rifacendosi a una visione estremamente riduzionistica della vita in generale e nello specifico della vita umana, fornisce le basi concettuali ideologiche e scientifiche utili, come anche nel passato, a colmare il vuoto della politica e a costruire i cartelli ideologici delle classi dominanti".Una visione che Alex Mauron, professore di Bioetica all’Università di Ginevra, definisce metafisica genomica . Il suo omonimo articolo discute l’articolo 119 della Costituzione svizzera, che proibisce ogni intervento sul materiale genetico delle cellule germinali ed è stato adottato nel 1992 attraverso il voto popolare, ma la sua critica può essere utilmente estesa anche alla legge italiana sulla fecondazione assistita. Infatti, la metafisica del genoma non solo la vediamo all’opera nell’art. 1 che attribuisce statuto giuridico al concepito, ma fa da sfondo ideologico all’intera legge 40.
Secondo Mauron, "la metafisica genomica è la credenza che il genoma sia il nocciolo duro ontologico di un organismo, che definisce i suoi tratti distintivi, la sua individualità, che garantisce la sua appartenza ad una particolare specie".
Funzionando da potente metafora, il genoma rappresenta paradossalmente l’antagonista della scienza stessa, sottrae la natura umana alla storia e la consegna alla suprema "verità" di un destino già scritto: se "per i biotecnologi i geni sono un po’ come l’eucarestia", come dice Donna Haraway, il genoma è "l’equivalente secolare dell’anima".
L’immaginario sociale che probabilmente ha contribuito anche a frenare la mobilitazione contro la legge e con il quale dovremmo in qualche modo fare i conti, è popolato da uova, spermatozoi e corredi genetici "come fossero soggetti con una loro individualità, intrinsecamente autonomi, separati nello spazio e nel tempo da quei corpi di donne e uomini da cui provengono e a cui appartengono", continua Del Grosso. In realtà basterebbe pensare alla nascita dei gemelli monozigoti e ricordare che più del 98% del genoma umano è simile a quello dello scimpanzè per incrinare l’equazione tra corredo genetico e individualità umana. Come dice Mauron nessuno ha mai pensato di proporre che questi gemelli abbiano un unico passaporto o un’unica scheda elettorale, eppure la fede nel dogma dello zigote-come-persona è viva e vegeta e lotta contro di noi.
Così la vita è stata ribaltata nell’assoluto contrario del vivente e si ritiene che sul suo altare debbano essere sacrificate le qualità che davvero distinguono quella umana dalle altre specie: il desiderio, la potenza creatrice, la capacità innovativa e di trasformazione dell’ambiente, la costruzione di società complesse.
Non è un caso che Riccardo Pedrizzi, il responsabile per la famiglia di AN, sostenga declinando tutto al maschile che "ootide, pre-zigote, zigote, blastocisti, pre-embrione, embrione, feto, neonato, bambino, ragazzo, adulto, anziano" siano solo "diversi nomi con cui si indica lo stesso uomo". Non è un caso che l’istruzione "Donum vitae" della Congregazione per la Dottrina della Fede della Chiesa allora guidata dall’attuale pontefice, proclami che proprio "la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme" a questo dogma. Non è un caso che attorno alla legge 40 si sia formata una santa alleanza di tutte le forze conservatrici del paese.
Perché in gioco non c’è solo l’accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita. Perché questa legge cerca disperatamente di resuscitare un vecchio modello etero-familista ampiamente sconfessato dalla pratica sociale, non facendo altro che aggravare la crisi conclamata della democrazia rappresentativa, forse consapevolmente. Una crisi che nelle fantasie perverse di molti, anche di sinistra, andrebbe superata con la riedizione di un assolutismo che non perda tempo a confrontarsi continuamente con la società e se ne freghi altamente della partecipazione. Ed è anche contro questa Restaurazione che il 12 e il 13 giugno andremo a votare Sì.
A/matrix

[pubblicato su Carta, speciale referendum, giugno 2005]

 

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